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servire delle labbra: l'oggetto era davvero troppo impolverato! Gli sguardi degli uo-
mini s'erano fatti di fuoco, i volti tesi ed intenti.
Mario fece un movimento.
Quasi subito, ella vide il suo sesso eretto, più grande e più rosso del pene di le-
gno.
«Ora l'illusione deve lasciare il posto alla realtà,» disse Mario. «Le sue mani
debbono mostrarsi dolci per la carne come lo sono state per la materia inanimata.»
Emmanuelle depose l'oggetto di culto in un cavo del ramo (non aveva osato la-
sciarlo cadere a terra) e s'impadronì obbediente del membro di Mario.
Quello si voltò verso gli uomini accovacciati perché potessero veder meglio.
Il tempo si fermò.
Si sarebbe detto che nessuno fiatasse.
Emmanuelle pensava all'umanismo di cui Mario le aveva enunciati i principi nel
salone sulle rive del khlong e s'applicava al punto d'aver quasi le vertigini, al punto di
non saper più se le pulsazioni nella sua mano erano quelle di Mario o quelle del pro-
prio cuore.
Ricordava inoltre il suo precetto: non finir mai! E s'ingegnava fino al miracolo
per far durare.
Infine, egli mormorò: «Adesso!» Contemporaneamente si volse verso l'albero
da cui pendevano i frutti priapei.
Un getto di una lunghezza e una densità non comuni attraversò la notte, asperse
i falli di legno, che ne oscillarono ruotando attorno alle liane.
«Ora bisogna far qualcosa per i nostri spettatori,» disse subito Mario. «Chi la
tenta di più, fra tutti?»
Emmanuelle ammutolì per lo spavento.
No, no! Non poteva toccare quegli uomini, non voleva esserne toccata...
«Il bambino non è adorabile?» disse Mario. «Piacerebbe anche a me, lo confes-
so. Per stanotte posso però lasciarglielo.»
Senza consultare Emmanuelle, fece segno al ragazzo e gli rivolse una frase.
Quello si alzò e s'accostò loro, dignitosamente, per niente intimidito, anzi, sem-
mai, un po' sdegnoso.
Mario disse ancora qualcosa, ed il ragazzo si tolse i pantaloncini.
Nudo, era più bello: Emmanuelle, turbata com'era, ne fu riconfortata.
Una verga ancora giovanile si tendeva orizzontalmente di fronte a lei.
«Deve succhiare e bere.» comandò Mario.
Emmanuelle non pensò neppure di potersi sottrarre a quell'ordine.
Del resto si trovava in un tale stato di confusione e di disorientamento che gli
stessi gesti non le sembravano più tanto importanti.
Si disse soltanto che l'avrebbe fatto più volentieri con l'uomo nudo che avevano
incontrato venendo, sul sentiero delle tavole...
Si lasciò cadere in ginocchio sul prato spesso e soffice e prese il membro tra le
dita, respingendo la pelle che ne copriva a metà il glande.
Questo aumentò immediatamente di volume.
Emmanuelle se lo mise tra le labbra, come volesse dapprima sentirne il sapore.
Lo tenne così per un momento, mentre la sua mano scivolava lungo l'asta.
Poi, con improvvisa decisione, fece entrare la verga sino in fondo alla bocca,
così in fondo che le sue labbra toccarono il ventre nudo del ragazzo e il naso affondò
nella rada peluria.
Rimase così per un momento, poi, coscienziosamente, con arte, senza cercare di
barare né di abbreviare l'azione, cominciò a muovere la sua bocca.
Questa prova le sembrava un supplizio e, durante il primo minuto di fellazione,
dovette lottare con una nausea che le saliva in gola.
Non pensava che fosse una cosa degradante lasciarsi andare ai gesti dell'amore
con un ragazzino sconosciuto.
Se Mario l'avesse spinta a fare lo stesso gioco con un biondino elegante, odoro-
so di colonia, nel salotto borghese di un'amica parigina, le sarebbe piaciuto moltissi-
mo.
D'altronde, poco era mancato che non ingannasse suo marito per la prima volta
prima di lasciare Parigi (senza aver l'impressione di ingannarlo, trattandosi, appunto,
di un ragazzo, quasi una cosa da ridere), cedendo alle proposte del fratello minore,
molto sveglio, di una delle sue amanti! Ma erano stati disturbati un minuto tropo pre-
sto: il consenso di Emmanuelle era in ogni caso già dato, e non soltanto in spirito, ma
fisicamente...
L'occasione non si era più presentata: ci pensava in quel momento, dicendosi
che, in fin dei conti, era proprio una scostumata.
Aveva fatto l'amore dieci volte con l'immaginazione, dopo di allora, con quel
ragazzino che aveva conosciuto di lei un sesso umido ed offerto ed aveva cominciato
a penetrarvi.
Con questo, invece, non era la stessa cosa: non la eccitava affatto; anzi, le face-
va paura.
Inoltre era stata sconvolta inizialmente al pensiero che non fosse pulito.
Ora, per fortuna, s'era rassicurata, e ricordava anzi, a ritroso e con sollievo, le
minuziose abluzioni che i siamesi compiono più volte al giorno.
Questa esperienza non le causava alcun piacere.
Quel che faceva lo faceva per compiacere Mario, ma i suoi sensi e il suo gusto
non vi prendevano parte...
Però, si diceva, quasi con violenza, che il lavoro sia almeno ben fatto! Una sorta
di fierezza la spingeva a trattare il ragazzo in modo da lasciargli un ricordo incancel-
labile.
Il marito non le aveva forse detto che nessuna donna al mondo sapeva servirsi
della bocca come lei? A poco a poco si lasciò trasportare dal suo stesso gioco, dimen-
ticò a chi apparteneva il pene di cui cominciava ad amare la forza ed il calore ed il
cui glande le frugava la bocca, cercando il posto in cui portare a termine il suo godi-
mento.
Si sentì le labbra e il clitoride sempre più sensibili; fini per chiudere gli occhi e
lasciarsi vincere da quelle sensazioni.
Quando le sue carezze raggiunsero lo scopo, il getto dello sperma sulla sua lin-
gua le procurò un piacere simile a quello che provava con Jean.
Il gusto era diverso, ma buono.
Ora le importava poco che tutti quegli uomini la guardassero: aveva voglia di
godere a sua volta, e prima che la verga si fosse ritirata dalla sua bocca sfiorò colla
punta delle dita la gemma del suo sesso e s'abbandonò all'orgasmo nelle braccia di
Mario, che baciava le sue labbra per la prima volta.
«Non le avevo promesso di darla al minuto?» egli disse, dopo che ebbero oltre-
passato in senso inverso il muro in rovina. «È contenta?»
Lo era, ma non per questo si sentiva del tutto a suo agio.
Egli commentò, con aria sognante: «Per una donna è molto importante bere
molto sperma, ed alle sorgenti più diverse.» La sua voce divenne improvvisamente
ardente: «Lei deve far tutto questo, perché è bella,» insisté.
«Non è possibile essere bella e rimanere onesta?» sospirò Emmanuelle.
«Lo si può, certo, ma a proprie spese. Non utilizzare il potere della propria bel-
lezza per ottenere ciò che tante donne prive di grazia invocano vanamente per tutta la
loro vita, non le sembra qualcosa di imperdonabile?»
«Lei sembra convinto che tutte le donne pensino solo alla lussuria.»
«Esiste forse altro bene?»
Nessuno aveva preso la gonna.
Emmanuelle la rimise, rimpiangendo la comodità precedente.
Presero una direzione ancora diversa da quella che già conosceva.
Si chiedeva se avrebbero dovuto camminare ancora per molto e stava già per
lamentarsene quando sfociarono su una strada vera e propria.
«Prenderemo un sam-lo, se riusciamo a trovarne uno» disse Mario. [ Pobierz caÅ‚ość w formacie PDF ]

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